Negli Stati Uniti non è un fenomeno nuovo, in Europa sì. Giovani “content creators” decidono di andare a vivere assieme in una stessa casa, quasi fosse un Grande Fratello, per far fronte alla domanda di video dei loro fans. Qui la news della BBC.
Il Collettivo ByteHouse aveva già deciso e completato il grande passo prima dello scoppio della pandemia coronavirus, il 23 marzo. Nonostante le riserve di parenti e familiari in merito alla scelta, i giovani ragazzi hanno scelto comunque di procedere nonostante la tempistica infelice (che potrebbe, per assurdo, non portare al riscontro economico pianificato).

Ma facciamo un rapido elenco di questi videomaker: Shauni (19 anni), SurfaceLdn (22), Seb (20), Monty (17), KT Franklin (19), Lily Rose (20). Saranno loro a cercare di cavalcare l’onda di visualizzazioni che è esplosa in questo periodo, con un +23% del tempo medio di visualizzazione dei brevissimi video: tutti scherzi, meme e ironia in pillole. Sommati fanno un totale di 14 milioni di followers, con una reach di pubblico pari a 73 milioni di persone a settimana.
Il format esce dai classici schermi ed abbraccia più piattaforme, arrivando anche su Youtube e Instagram. Quest’esperienza dovrebbe durare 3 mesi, includere personaggi a sorpresa… ma anche messaggi di salute, in partnership con le organizzazioni governative, e giustamente pubblicità varie (es. giochi di carte).
Arriviamo a qualche considerazione personale, questo è un blog e non un banale sito di informazione. La notizia mi ha stupito, e contemporaneamente nemmeno troppo: non è una novità che dove ci sia riscontro di pubblico, le società provino a monetizzare ulteriormente. Quel che più colpisce è l’idea di confezionarlo in formato “reality show” e di distribuirlo non tramite i canali tradizionali, che hanno un target d’età più elevato, ma proprio attraverso gli stessi identici canali prediletti dalla cosiddetta “generazione Z”. Una miniera d’oro in termini di marketing, anche se non penso il regista Milo Rau intendesse questo quando parlava della necessità di scoprire nuove forme artistiche post-Covid19.
Tutto questo merita comunque una riflessione più profonda sull’industria dell’intrattenimento in generale, che sta finalmente riuscendo ad assecondare (con qualche anno di ritardo) l’avvento del web. Come motori di ricerca e social networks sono in grado di veicolare messaggi commerciali e politici tramite gli ads a persone specifiche, così anche i videomakers ormai fanno della profilazione una colonna portante del loro successo. L’abilità di emergere non è quindi un qualcosa che nasce dal basso, piuttosto un potere che viene gentilmente concesso dalle piattaforme (social network, video streaming, etc.). Più una piattaforma è aperta nei confronti della sua base, più ne concede l’uso dei propri dati, più ha possibilità di affermarsi positivamente nel mercato.
In bocca al lupo a questi ragazzi, sperando che la loro influenza sui coetanei possa essere di ispirazione nel “rimanere a casa” ed intrattenerli. Un ulteriore “in bocca al lupo” ad Internet, che meriterebbe più trasparenza sugli algoritmi che la governano ed invece è monopolizzata da un triste capitalismo di massa. In un quotidiano che vede i più installare qualsiasi app e cedere senza remore i propri dati personali in cambio di intrattenimento o sconti, non ci meritiamo altro.

IT Manager, System Administrator, Sociologo, Politico a tempo perso. Vicentino, classe 1991.
Questo è il mio blog personale, nel quale cerco di proporre analisi e ragionamenti di attualità nei temi in cui sono più preparato. Scopri di più nel mio curriculum vitae, o mettiti in contatto con me!