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Dicembre 8, 2020

Lavorare “smart” non significa lavorare bene

Non sono solito riproporre interamente contenuti altrui, ma premetto fin da subito che questo articolo è una libera traduzione e sintesi di questo post nel blog di Atlassian dal titolo “Proof our work-life balance is in danger (but there’s still hope)”. Per chi non conoscesse Atlassian, è una software-enterprise famosa per i numerosi prodotti che distribuisce tra cui, assicuro non essere una lista esaustiva: Jira, Confluence, Bitbucket, Trello, Sourcetree, OpsGenie. Ho ritenuto il pezzo interessante proprio perché frutto di un’analisi dati fatta come si conviene utilizzando come base dati / dataset proprio le analitiche di questi popolarissimi tool utilizzati quotidianamente da professionisti in tutto il mondo.

Con lo smart-working si lavora di più…

L’obiettivo dell’autore era quello di capire come sono cambiate le nostre abitudini lavorative in questa fase di transizione dal lavoro in ufficio al lavoro da remoto. Nel titolo ho voluto usare la parola “smart working” in maniera impropria, considerando che soprattutto in Italia si è assistito a molto tele-lavoro e poche flessibilità in termini operativi. Si sono monitorate dal lunedì al venerdì tutte le azioni classiche degli utenti (es. creare un documento, inserire un ticket, commentare del codice), arrotondando gli orari ad intervalli di 5 minuti per stabilire con certezza inizio e fine della giornata lavorativa. Non contenti di constatare come le giornate di lavoro da casa si siano allungate, l’autore ha anche verificato come siano modificati i carichi di lavoro durante una giornata tipo: l’esito, che potete leggere voi stessi dai grafici, è che i confini tra casa e lavoro si sono assottigliati notevolmente costringendo i dipendenti ad una divisione tra spazio personale e tempo da dedicare al business spesso tutt’altro che netta.

… o si lavora diversamente?

Da marzo le giornate lavorative si sono allungate, in Italia la media giornaliera è aumentata di circa mezz’ora. Si inizia prima e si finisce dopo. Eppure la tendenza a livello globale è evidente, i grafici non vanno letti in maniera semplicistica come un “si lavora di più”: in alcune fasce orarie si è assistito ad un aumento delle attività rispetto al periodo pre-coronavirus (es. la mattina presto e la sera), mentre in altre si è preferito ritagliare spazi di libertà (pausa pranzo).

Modificare le proprie abitudini

In conclusione, la pandemia ha portato sia l’Azienda che le sue risorse umane a doversi adeguare ad un cambiamento non preannunciato. In una nazione come la nostra che è fanalino di coda in termini di skills digitali (dati Eurostat 2019), il lavoro “da casa” è un’innovazione sia dal punto di vista tecnologico ma soprattutto sul piano culturale. Non è facile lavorare nello stesso ambiente dove si vive, tanto che in un ennesimo studio di Atlassian di luglio 2020 i rispondenti sottolineavano difficoltà di gestione del tempo e un buon 23% ha lamentato di pensare alle incombenze professionali anche nel tempo libero mentre prima non era così.

Non stiamo sicuramente vivendo la Microsoft dei suoi primissimi giorni, quando un giovane stakanovista Bill Gates memorizzava tutte le targhe dei suoi dipendenti per distinguere buoni e cattivi sulla base degli orari di inizio giornata e rientro a casa. Il rischio di un burn-out psicologico è comunque concreto, ed è bene leggerne i sintomi.

Il lavoro da remoto non è destinato a sparire a breve, si rende quindi necessario creare un clima aziendale quanto più equilibrato possibile. In questo un ruolo fondamentale è giocato dai team leader e dalle persone che ricoprono ruoli dirigenziali, che possono dare il buon esempio e che idealmente dovrebbero provare ad essere più empatici nei confronti dei membri della loro squadra, prevedendo pause e piani ferie adeguati.

Piccola nota sociologica personale: con la smaterializzazione dei rapporti personali tra colleghi diminuisce anche di pari passo il peso che si assegna al legame sociale, per quanto secondario esso sia. Non cadiamo nella tentazione di creare team troppo numerosi a discapito della qualità, citando Jeff Bezos “se non riesci a sfamare un gruppo di lavoro con 2 pizze, è troppo numeroso”.

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